la visita di andrea scire' borghese al varigliano

dal sito mare scoop,servizio di marcello toja

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  1. BASE OVEST
     
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    questo e un'articolo preso dal sito www.marescoop.com ed inserisco questo bel reportage del signor marcello toja inoltre in basso all'articolo troverete le foto della giornata.buona lettura:

    Sessantacinque anni dopo, esattamente il Venerdì 23 maggio 2008, alle 15,51, in perfetto orario (straordinario per le ferrovie italiane!), scendeva da un vagone terzomondista (forse importato dal Katanga per gli utenti italiani, senza aria condizionata), da un treno con tutte le toilette intasate, il principe Andrea Sciré Borghese, accompagnato dalla sua famiglia: Marisa Borghese moglie, Valerio Borghese figlio, la moglie russa di Valerio e i due splendidi bambini, rispettivamente di cinque e sei anni (il maschio il primogenito).
    Andrea Sciré non aveva più nulla del neonato che l’8 settembre del 1943 si succhiava i piedi. Era ormai un attempato signore di sessantasei anni suonati, in pensione.
    Appena li vidi nell’atrio della stazione di La Spezia, notai che sembravano arrivati da un convegno musicale sull’isola di Wight, tutti vestiti casual. Li trovai subito simpatici.
    In verità il principe Andrea Sciré ed io diventammo amici, fin dal primo messaggio su internet, una intesa fulminante, ed oggi che finalmente c’incontriamo, ci abbracciamo e ci baciamo come se ci conoscessimo da anni.
    Immediatamente vengo adottato da tutta la famiglia, e dal quel momento e per tre giorni sarò il loro... “ufficiale di bandiera” e ufficio stampa.
    Sotto la scalinata antincendio della stazione, che è inavvicinabile dalle auto causa “cavalli di frisia” per lavori in corso, attendono due macchine, la prima che guiderò io è del Comandante Incursore Walter Braccini, messa da lui a disposizione con infinita generosità; la seconda, bianca, e targata Marina Militare, ha tanto di sott’ufficiale incursore al volante.
    Come armi in dotazione per fermare eventuali attentatori, abbiamo due focacce alle cipolle e un sacchetto di dolcetti. L’atmosfera è... “tesa”... raggiungiamo il bed and brekfast del Fezzano come una allegra comitiva in ferie e là sistemiamo i figli, i nipoti e i bisnipoti del terribile “Principe Nero”.
    Il giorno dopo siamo al Varignano in occasione della festa degli Incursori del raggruppamento Teseo Tesei; lì veniamo accolti subito dal Capo Di Stato Maggiore del Varignano.
    La vita è strana ma in questi tre giorni mi accorgo che è ancora più strana del solito.
    Niente dell’alone di eroismo e del carisma che ha accompagnato la vita di Junio Valerio Borghese è andato perso.
    Per tutti e tre i giorni, suo figlio Andrea Sciré sarà letteralmente assediato da persone che vorranno l’autografo o la dedica su un libro, una fotografia, una cartolina.
    A nulla sono serviti anni di silenzio e discriminazione, un nome cancellato e occultato, tutta la grande omertà, una bandiera chiusa nel cassetto, il varo di un sottomarino senza comandante.
    Gli ideali non muoiono mai e la Decima Flottiglia MAS è ancora tutta qui.
    Sulla porta del Varignano ci potrebbero anche scrivere raggruppamento “Palmiro Togliatti” ma oltre quella porta , il mondo che troviamo è tutto dei discendenti spirituali della Decima Flottiglia.
    Per noi banda di fratelli è, e sempre sarà, il raggruppamento “Junio Valerio Borghese” e tutti gli incursori: i suoi marò, senza voler nulla togliere a quello splendido eroe di Teseo Tesei.
    Potrei finire ora, prima di compromettermi definitivamente, prima di far saltare il tappo della pentola in ebollizione che ho dentro l’anima, invece vado avanti.
    La manifestazione continua con la tradizionale deposizione della corona per i caduti, con i lanci ad apertura comandata, con la splendida discesa di due incursori a paracaduti appaiati e sovrapposti e la bandiera italiana, uno dei due è il mio amico fraterno M.C. Mac, che non solo ha recuperato al 100% il “trapianto” del suo piede che si era letteralmente staccato al termine di un lancio in esercitazione, ma continua a correre ed a lanciarsi esattamente come prima. Gli ideali fanno miracoli!
    I discorsi “politically correct” li lascio lì dove sono nati, anche se non posso non notare che Valerio, il più grande comandante di sommergibili della storia, viene messo in coda ai tanti eroi e Sergio Nesi eroe ancora vivente della Decima MAS (seduto da solo, vicino al podio) viene sbadatamente dimenticato.
    Non fa nulla; in altre epoche storiche, meno recenti, il principe Andrea Sciré Borghese e suo padre, sarebbero stati ignorati, così come vennero ignorati e mortificati i fratelli Borghese, quando chiesero all’allora ministro della difesa Giulio Andreotti, di poter sepellire il padre, medaglia d’oro al valor militare con una cerimonia a “fusto di cannone”; tradizione che spetta di diritto a tutti i decorati con tale onorificenza. Il portavoce del ministro disse in quella occasione: “siamo desolati ma vostro padre è stato degradato quindi non può essere sepellito come una medaglia d’oro”; dimenticando che la nostra ferrea tradizione prevede che tutti i decorati di medaglia d’oro al valor militare, indipendentemente dal grado, abbiano diritto ad un funerale a “fusto di cannone” .
    Forse Giulio Andreotti non aveva letto bene questo dettaglio, oppure preso com’era nella gestione assoluta dei poteri si era dato anche quelli di un dio minore e non solo decideva chi doveva vivere e morire, ma anche chi aveva merito nei confronti della sua stessa medaglia d’oro.
    Vorremmo solo poter piangere e commemorare i nostri morti, come tutti.
    Vorremmo poter scrivere i nostri libri di storia, quelli dei “perdenti”, e leggerceli, vorremmo che gli eroi nella morte e nella vita fossero tutti ugali.
    Non credo che sia chiedere troppo, eppure in Italia, forse, è ancora troppo o troppo presto.
    La tre giorni del principe, grazie all’incredibile aiuto del Comandante Braccini che viene da me “trasferito” momentaneamente al servizio logistico, continua con il pranzo dell’Associazione Nazionale Incursori ad Aulla.
    Il principe Andrea Sciré mangia a stenti pressato dalla continua richiesta di dediche ed autografi, infine gli danno il microfono. Stupito scopro che sta parlando di me, sta spiegando che è qui grazie a me, all’articolo che ho scritto sul varo dei nuovi sommergibili “Sciré” e “Todaro”.
    Che è qui, per la chiarezza con cui ho affrontato la situazione, per l’esposizione della verità senza compromessi.
    Nessuno ha mai parlato di me ad un microfono davanti a oltre 400 persone in modo così lusinghiero, per ricevere questa prima e probabilmente unica manciata di gloria ho dovuto attendere sessant’anni ed un principe. Quasi non bastasse viene citato anche il nome del mio quotidiano on line, tanto che sull’articolo de “La Nazione” del giorno dopo, vien fatto erroneamente credere che www.marescoop.com abbia invitato Andrea Sciré Boghese a La Spezia. br> La verità è che ci è venuto di sua volontà allo scopo di incontrarmi e poi è rimasto, insieme a me, travolto dall’incalzare degli eventi. A quel punto il mitico comandante Walter Braccini mi esorta a prendere il microfono. Francamente non è la prima volta che parlo a tanta gente, non sono emozionato e credo sia venuto il momento giusto per puntualizzare quali erano gli ideali del principe Junio Valerio Borghese, poiché sono convinto che anche in questa platea altamente specializzata, alcuni li ignorino ancora. Sottolineo che la decima flottiglia MAS non è mai stata fascista, ha combattuto al fianco dei tedeschi perché erano i nostri alleati e perché ignorava l’esistenza dei campi di sterminio, come conferma Piero Vivarelli, un ex marò della “decima” ed attuale tesserato del partito comunista rivoluzionario cubano, in un documentario di scarsissima diffusione.
    Se il comandante Borghese ed i suoi marò avessero saputo che cosa le SS stavano facendo in quei campi, avrebbero continuato a combattere il comunismo e gli “alleati” invasori, ma prendendo le distanze dai tedeschi. Chi non comprende questo non comprende una verità storica fondamentale.
    Chi utilizza le leggi razziali emanate dal facismo per infangare la “Decima” non considera che i giovani di allora non furono minimamente sensibilizzati dagli intellettuali del partito e dagli organi di stampa per mera piaggeria. Intellettuali che poi divennero, in alcuni casi, di sinistra.
    Successivamente spiego alla platea come e perché dopo anni di ricerche e verifiche storiche ho abbracciato gli stessi ideali del principe e di tutta la Decima. Avevo bisogno di ideali puri e puliti, per orientare la mia vita in questa giungla di egoisti, cortigiani e ruffiani, per avere la forza di affrontare tutte le vessazioni che avrei immancabilmente ricevuto.
    Termino dicendo: né di destra, né di sinistra, né di centro...Italia e basta! E non è qualunquismo, perché è questa la decima!
    Per comprendere meglio chi era Junio Valerio Borghese, riporto qui di seguito una sua frase scritta: “Ho sempre diffidato dei politici perché considero la politica per quello che realmente è: lotta di gruppi contro altri gruppi per la conquista del potere; ed il potere di un gruppo crea privilegi, discriminazioni e prevaricazioni a danno degli altri che non fanno parte del gruppo vincente. Che poi la lotta politica ami ammantarsi del magico termine di “democrazia”, mi sembra soltanto un alibi, una maschera di rispettabilità. L’attività politica divide, acceca e spesso scava disastrosi solchi di odio, impedendo così l’unione dei cittadini tutta a vantaggio del loro paese”.
    In queste parole si celano il mistero e la ragione per le quali il nome di Borghese è così impopolare fra le persone di potere e conseguentemente fra i mass media.
    Sono ideali puri, che hanno come unico obiettivo l’onore ed il bene della Patria; ideali che non sono vincolabili ad una parte o all’altra e che finiscono per creare diffidenza in tutte e due le parti e se ci riferiamo al passato, in tutte e tre le parti: destra, sinistra, centro; va detto però, per somma onestà, che la destra del paese ha molto più in simpatia la “decima” di quanto non l’abbia la sinistra, e questa è un’altra dimostrazione di quanto l’ignoranza e la propaganda politica abbiano scavato una trincea laddove ci potrebbe essere invece un ponte trafficato.
    A quanti non capiscono l’avversione che aveva Valerio Borghese per il comunismo staliniano di allora, consiglio la lettura di “Ritratto di Stalin” di Victor Serge, un nome che nasconde il rivoluzionario Victor-Napoléon Lvovic Kibal’cic, uno dei padri della rivoluzione bolscevica, agitatore e provocatore internazionale, coetaneo di Trotzki, Lenin, Stalin, Bucarin eccetera, morto in Messico nel 1947.
    Leggendo quel libro edito a Parigi nel 1940 da Grasset, tradotto da Paolo Casciola e stampato nel 1991 e nel 1997 dalla coop Erre Emme Edizioni di Bolsena. www.enjoy.it/erre-emme, avrete tutte le risposte che cercate.
    Se è vero che il mitico comandante dello Scirè non speva nulla dei campi di sterminio tedeschi come ho avuto modo di appurare, è altrettanto vero che avendo sposato una contessa russa transfuga, molto vicina ai Romanov, sapeva benissimo chi era realmente Stalin e che cosa era in quei giorni il comunismo sovietico, vera officina del terrore.
    In merito a questo argomento leggiamo quanto scriveva la contessa Daria Wassilevna Olsoufieff moglie del principe Borghese e Madre dell’Andrea Sciré, in un suo appunto: il granduca Alessandro Michailovic, quarto figlio di Nicola I e di cecilia Baden pubblicò a Parigi nel 1933, poco prima di morire, un libro di ricordi, un libro che non si proponeva fini politici...
    “La struttura dell’impero russo avrebbe benissimo sopravvivere a tutt’oggi se il “pericolo rosso” fosse tutto consistito in uomini come Tolstoi e Krapotkin, in terroristi come Lenin e Plechanov,in vecchie psicopatiche come la Brescko-Breskovskaia e la Finger, o in avventurieri come Savinkov e Azev. Come avviene in ogni malattia contagiosa, il reale pericolo della rivoluzione era rappresentato dagli innumerevoli portatori del virus: topi, ratti e insetti...
    In altre parole e per usare un linguaggio più letterario, dobbiamo ammettere che una grande maggioranza dell’elite e della intellighenzia russa, formava l’esercito di portatori del contagio.
    Il trono dei Romanov non cadde certo sotto all’impeto dei precursori del Soviet, né sotto a quello di giovanili dinamitardi; esso soccombette invece alla pressione di gente che portava cognomi nobiliari, di banchieri, editori, avvocati, professori e di altri partecipanti alla vita pubblica che vivevano alle spalle dell’impero. Lo zar avrebbe potuto soddisfare le necessità degli operai e dei contadini russi. La polizia avrebbe potuto fare piazza pulita dei terroristi.
    Sarebbe invece stata fatica sprecata tentare di accontentare tutti gli innumerevoli pretendenti alla carica di ministro, i rivoluzionari scritti nel libro d’oro dell’aristocrazia e i burocrati dell’opposizione, scodellati dalle università russe...(segue un lungo elenco descrittivo di coloro che fecero cadere per vanagloria l’impero dei Romanov).
    Da notare come anche oggi ci siano gli stessi problemi nel nostro paese, e come Stalin non compaia in nessuno scritto, fino a quando prese il potere attraverso la burocrazia, annientando tutti i suoi compagni rivoluzionari, tutti i generali dell’armata rossa creata da Trotzki, tutti i dissidenti; stiamo parlando di milioni di persone scomparse, inghiottite dalla tundra siberiana o dai bui scantinati del Cremlino.
    La “tre giorni del principe” continua poi con una cena alla “Lanterna” di Rio Maggiore, ospiti di Massimo, quello splendido amico che fin dal primo momento si è messo a disposizione per farmi fare una bella figura, e per avere l’onore di ospitare un’altra scheggia di storia nel suo ristorante. Va anche detto che anche il nostro sponsor, la CNS, si era offerta per alloggiare la famiglia in un grande albergo, ma Andrea Sciré mi ha fatto giurare che gli avrei trovato un Bad & Brekfast a spese sue non volendo pesare su nessuno.
    Il giorno successivo (domenica) viene il momento della visita al piccolo museo aperto a La Spezia dall’Associazione Nazionale Incursori con la valida collaborazione di Paola Ceccotti.
    E’ un molto ben organizzato pezzo di storia che si sfoglia come un libro e nel quale la X flottiglia MAS ed il suo comandante hanno certamente un posto d’onore.
    Importante il successo di questo museo per il momento unico nel suo genere, necessario a far comprendere meglio la storia dei nostri incursori, veri portatori di un ardimento che dovrebbe albergare nel cuore di tutti gli italiani.
    Alle tredici, sempre di domenica, siamo a bordo del rimorchiatore “Plon”, costruito nel 1939 con l’acciaio della corazzata Bismark; li troviamo un altro caro amico Renato Rozzi, insieme ad alcuni giovani ragazzi che pendono letteralmente dalle labbra del principe. Ce posto anche per la commozione e fra una storia e l’altra veniamo a conoscenza dell’ultima vessazione che un Borghese sta subendo ancora oggi.
    Andatosene dall’Italia amareggiato, dopo la farsa del funerale del padre voluto così dalla Farnesina, Andrea Sciré dovette rinunciare alla cittadinanza italiana per assumere quella australiana.
    Alcuni anni dopo divenne possibile anche in Australia avere doppio passaporto; il principe espletò dunque tutte le formalità richieste dall’ambiasciata italiana per riottenere la cittadinanza italiana, ma ancora oggi dopo sette lunghi anni è in attesa di risposta, anzi, come ultima notizia gli è stato detto che deve ricominciare daccapo tutto l’iter burocratico.
    Questo in una nazione dove un immigrato clandestino arriva alla cittadinanza italiana in un tempo di gran lunga inferiore!
    Se qualcuno ha dei dubbi sulla malafede che sta dietro tutte queste cose, basta guardare il mio caso citato nell’articolo “La Verità” sul mio giornale, che ha avuto ampio spazio anche sul quotidiano “La Nazione” nella cronaca locale. Per salvare il mio diritto alle idee ed al lavoro, ho dovuto incatenarmi come un detenuto alle caviglie e svolgere tutto il mio servizio oberato da pesanti catene. Questa non è l’Italia del ventennio come amano dire in molti, questa è l’Italia del 2008 e questa è una provincia che dovrebbe essere la culla dei lavoratori, ed in effetti lo è, ma solo per i raccomandati dal “partito”.
    La visita del principe Borghese e della sua spumeggiante famigliola, si conclude nella casa di campagna di un giovane pescatore Daniele Pindaro, dove alla comitiva si è aggiunto Carlo Alberto Biggini, figlio del più famoso Carlo Alberto (fucilato dopo un processo sommario) che fu uomo di rilevanza politica e professore durante i “vent’anni del consenso” all’epoca di Benito Mussolini.
    Le ottime acciughe, le seppie pescate e cucinate da Daniele, l’ottimo vino portato da Biggini dal Piemonte, non bastano ad asciugare le lacrime e la commozione generale quando leggo la lettera di uno dei tanti condannati a morte senza processo, non ha importanza di che parte.
    Una lettera dolcissima, che evidenzia un amore sconfinato per la moglie e per la sua famiglia, la lettera di un uomo generoso che rifiuta di salvarsi attraveso una fuga combinata dai suoi carcerieri, per non abbandonare i suoi compagni di cella e di destino.
    La tristezza che emerge da un guerra civile, che vide contrapposti figli, padri e fratelli, e che per molti anni ancora impedirà al nostro popolo di riunirsi in una unica fraterna e pattriottica amicizia, è insopportabile!
    Eppure i due Principi che ho davanti non hanno alcun odio per coloro che combatterono dall’altra parte, l’unico risentimento esistente è per coloro (pochissimi) che impedirono al più grande comandante di sommergibili della storia di avere una autopsia che avrebbe forse rivelato le vere cause della sua morte e, infine, un degno funerale a fusto di cannone.
    Il 28 agosto del 1974 il “Corriere della Sera” pubblicava l’annuncio della morte di Junio Valerio Borghese per una pancreatite acuta. Purtroppo quando i figli giunsero a Cadice, dove era morto lo trovarono già eviscerato e con un referto di autopsia da operetta, come fu successivamente anche il funerale ufficiale a Roma.
    Fra le ultime cose che disse l’ex comndante della Decima all’indirizzo del Paese che aveva tanto amato, una frase che potrebbe essergli costata cara: “Rientrerò in Italia e dirò tutta la verità su questo tentativo di golpe che mi è stato attribuito”. In Italia rientrò, ma in una cassetta della frutta e su un furgone bianco e scortato, che non poteva viaggiare a meno di 70 chilometri ora. Purtroppo non poteva più parlare.
    Questa, condita di storia che reputo necessaria per meglio compredere, è la cronaca di tre splendidi giorni che non dimenticheremo mai.
    Grazie a tutti, a nome del principe e della sua famiglia: alla Marina Militare Italiana, al Comandante Braccini, agli incursori della Marina tutti, agli amici come Rozzi, Pindaro, Biggini, all’Associazione Incursori, a Paola Ceccotti e a tutti coloro che si sono prodigati per portare al cuore di un italiano lontano, quel calore necessario per riprendere rinnovata fiducia nella sua Patria.
    “...nella nostra concezione di destra non c’è altro che il rispetto per i valori tradizionali e per il concetto di Patria. Ma non va’ confuso questo con la destra conservatrice, la destra vecchio stile, la destra antisociale, la destra che non è vicina al popolo... J.V.Borghese”
    Marcello Toja
    il figlio del principe con la moglie nell'ufficio del capo di sm del varigliano:
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    andrea scire' borghese con sergio nesi e il comandante braccini:
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    i nipoti di andrea scire' e di suo figlio junio valerio sul siluro a lenta corsa:
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    il modellino del sommergibile scire' con il suo leggendario camuffamento:
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    andra scire' in posa davanti all'ingresso dei cantieri del muggiano:
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  2. andrea zaccariello
     
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    Gent. Marcello, solo un'informazione. Andrea Sciré Borghese è lo stesso Andrea Sciré che da bambino recitò nel film Amici per la pelle? Glielo chiedo da grande appassionato di cinema e del film. Grazie anticipatamente per la sua risposta, Andrea Zaccariello
     
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1 replies since 22/9/2008, 14:27   8138 views
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